“Le donne devono riappropriarsi dei propri diritti, inclusi quei poteri misteriosi che da sempre sono stati nostri e che nel corso del tempo gli uomini hanno violato, rubato o distrutto”.
(Leonora Carrington, 1976)
La storia dell’arte mostra, quasi interamente, opere di artisti maschi, spesso attivi per committenti o per collezionisti a loro volta di sesso maschile. Diversamente accade per le artiste donne che invece sono ridotte a semplici soggetti di creazione artistica.
Eppure sono tante le eccellenze che meritano una notevole attenzione, alla pari del sesso maschile. Vanno ricordate: Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola e Artemisia Gentileschi, tre caratteri forti, tre biografie diverse ma altrettanto romanzesche, tre donne che sono riuscite ad affermarsi nella scena artistica del loro tempo e ad entrare nella storia.
Eppure non bisogna andare così lontano per ricercare artiste donne: il Novecento, l’età delle Avanguardie artistiche, di fatto, si apre – se pur non volontariamente – all’universo femminile.
La corrente surrealista, in particolar modo, vede come sue esponenti – in realtà pur gravitando attorno all’ambiente del movimento e ai suoi protagonisti, hanno trovato modalità di espressione originali e individuali: Leonora Carrington, Remedios Varo e Leonor Fini.
“Nell’universo surrealista la donna è sempre proiezione del desiderio maschile o strumento attraverso cui l’uomo può sperimentare il mistero. Detentrice di poteri magici e metamorfici, vive in una contraddizione irrisolta, allo stesso tempo sublimata e degradata, è considerata dea e serva. Teorici e artisti del movimento identificano il femminile con un mondo fecondo di immagini, notturno e imprevedibile, ma privo di un ruolo autonomamente generativo”. (INGARAO, G., La madre e il suo doppio. L’iconografia del femminile nell’immaginario surrealista, in Archetipi del femminile. Rappresentazioni di genere, identità e ruoli sociali nell’arte dalle origini ad oggi, a cura di, Mimesis, Milano 2017)
Tre donne, tre amiche, capaci di incantare lo spettatore con temi magici e misteriosi, realtà possibili e immaginarie e che, al contempo riflettono su loro stesse, osservandosi e ritraendosi in una sorta di auto-incanto.
Remedios Varo, Leonora Carrington e Leonor Fini hanno saputo svincolarsi dal ruolo della donna musa, per divenire muse di sé stese, figure dai poteri occulti che interrogano la propria immagine, la propria identità.
Le loro ricerche inducono ad un’acuta riflessione circa il ruolo e l’identità femminile che si manifesta nella fluidità e nella dissoluzione delle opposizioni dove le categorie, da quelle di genere a quelle oppositive, singolare e molteplice, risultano cortocircuitate.
Leonora Carrington, artista dallo spirito indomito, compagna di Max Ernst con il quale ebbe una storia d’amore passionale e travagliata, incarna i due archetipi del femminile: femme enfant e femme sorciére.
La sua arte è ricca di simbologie animali, elementi fantastici e contesti enigmatici.
Nata il 6 aprile del 1917 da una famiglia benestante, la Carrington ebbe una infanzia abbastanza turbolenta, contraddistinta da amici immaginari tratti dai suoi romanzi preferiti: “Alice nel paese delle meraviglie” e “I viaggi di Gulliver”.
Uno degli incontri fondamentali fu con Edward James, con cui condividerà l’interesse verso il macabro, l’esoterismo e l’alchimia.
“L’interesse di Leonora per la psicologia di Jung è legato alla tendenza mistica che la caratterizza e, soprattutto, all’interesse per il processo di metamorfosi spirituale che essa identifica con l’alchimia del passato” (INGARAO, G., Leonora Carrington. Un viaggio nel Novecento, dal sogno surrealista alla magia del Messico, Mimesis, Milano, 2014)
La Carrington, giunge a realizzare una pittura dall’incanto misterioso, ermetico, a tratti sinistro ed allucinatorio. Lei stessa afferma che il mistero della sua arte non può che restare tale:
“Tutto è mistero, non magia. Non sopporto la parola “magia”, ha in sé il senso di saper fare qualche cosa che gli altri non sanno fare, essere sicuri di saper fare qualcosa meglio degli altri, e per quanto mi riguarda non è mai stato così, soprattutto ora, con l’età che avanza divento più ignorante. I dubbi, il non sapere, il mistero hanno creato il mondo, che, ribadisco, non è magico”. (SILEO, D., Remedios Varo. La Magia dello Sguardo. Con intervista inedita a Leonora Carrington, Selene Edizioni, Milano, 2007)
L’arte della Carrington è arte a sé stante, accostabile per certi versi a quella di Remedios Varo, in primis, e Leonor Fini per la simbologia animale.
La stessa Fini, nel 1939 realizzerà l’opera The Alcove: An interior with three Women, che come scrive Giulia Ingarao è:
“una delle opere più intese, dove rappresenta la Carrington sulla soglia di un’alcova abitata da due donne in posa di languido abbandono, che sovrasta la scena vestita da guerriera, restituendo l’immagine di un femminile imperioso e pensoso“. (INGARO, G., La donna surrealista. La storia delle donne surrealiste, alla ricerca di un’identità artistica in un momento in cui il loro ruolo era confinato a quello di musa o di modella, in L’Indiscreto, articolo online, testo tratto dal saggio “Archetipi del femminile”, pubblicato il 23 aprile 2018)
Leonor Fini, artista di origini italiane, in lei magia e sogno assumono le velature dell’incubo. Le sue figure femminili hanno uno sguardo che trafigge e insieme seduce, lo stesso che i greci e i romani avrebbero dato alle sibille. La donna è presentata come profetessa, mantis dallo sguardo diabolico e preveggente come lo sguardo ambiguo della mantide, incantatorio e nefasto.
Il potere incantatorio della figura femminile è palese nelle sue metamorfosi.
Leonor Fini rappresenta la donna custode e guardiana dei segreti, come una sfinge, calma, composta e pur sempre insidiosa. La sfinge è l’emblema per eccellenza della sensualità e della voluttà e al contempo del pericolo; in lei Eros e Thanatos si intrecciano indissolubilmente, mentre protegge in un abbraccio che pare mortifero un maschile vulnerabile, imberbe ed androgino. La donna – sfinge, strega o sibilla – ha sotto il suo controllo la sessualità maschile colta in una condizione di sonno o vittima di qualche suo incantesimo.
In quanto gioco di rimandi, ci ritroviamo ad essere sottoposti alla forza magnetica di queste creature che, richiamando antichi archetipi e mitologie, assumono le vesti di moderne incantatrici sicure del loro ruolo verso il maschile, alla ricerca di un io dislocato e di una narrazione rinnovata del proprio sé attraverso personaggi e figure di inesausta seduzione.
Remedios Varo, grande amica della Carrington con cui spesso si intrattiene, nella sua pittura – fortemente autobiografica, fonde i tratti principali del Surrealismo francese, le magiche atmosfere del Messico e le suggestioni personali.
Tutte le sue opere presentano infatti figure femminili, evidentemente doppi dell’autrice stessa, se non fisicamente, per il ruolo e il potere magnetico di cui sono portatrici, con una fisionomica caratteristica – corpi allungati e flessuosi e volto a forma di cuore, molto spesso ibridati con elementi animali oppure con oggetti. Esse sono inserite con tutto il loro incanto in atmosfere da sogno, di magia e di favola che ne fanno creature della soglia, eteree e mai inquietanti. Le immagini di incantevole delicatezza si nutrono della fascinazione di Varo, oltre che per il mondo onirico e dell’inconscio, per le forze occulte e le arti alchemiche.
L’arte di queste donne è unica, ma anche anti-convenzionale e sovversiva, capace di fondere in modo originalissimo gli elementi del Surrealismo con influenze di diversa origine.
Le loro opere rivelano elementi che si rifanno al sogno, al gioco, all’alchimia, al primitivismo e al soprannaturale, alla magia e al mito. Elementi che si fondono in modo casuale e arbitrale, a volte contraddittori e incongrui, in immagini poetiche e fantastiche, e anche alquanto enigmatiche.
Riferimenti bibliografici
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INGARAO, G., Leonora Carrington. Un viaggio nel Novecento, dal sogno surrealista alla magia del Messico, Mimesis, Milano, 2014;
INGARO, G., La donna surrealista. La storia delle donne surrealiste, alla ricerca di un’identità artistica in un momento in cui il loro ruolo era confinato a quello di musa o di modella, in L’Indiscreto, articolo online, testo tratto dal saggio “Archetipi del femminile”, pubblicato il 23 aprile 2018
MASAU DAN, M. e STRUKELJ, V., Leonor Fini, ArteDossier, Giunti, Milano-Firenze, 2010;
SCHIRMER, L., Donne viste dalle donne, Contrasto, Roma, 2002;
SILEO, D., Remedios Varo. La magia dello sguardo, Selene Edizioni, Milano, 2007.
Paolo Rotolo è Exhibition Designer e Storico dell’Arte. Si occupa dei nuovi orientamenti e delle linee di ricerca emergenti nel campo della museologia e della museografia contemporanea, nonché della Storia dell’Arte Contemporanea. Ha al suo attivo la pubblicazione di diversi articoli, si citano: “Nuovo allestimento del Museo Archeologico di Palermo” per la rivista Nuova Museologia diretta da Giovanni Pinna; diversi articoli per Art-Exhibition. Inoltre, in corso di stampa, il saggio scientifico dal titolo: L’Accademia di Belle Arti di Palermo e le sue collezioni. Progetto di allestimento museografico, edito da Aracne Editrice.